Cuculetto il brigante di Penne

L’AGGRESSIONE AL GUARDIABOSCHI

Dopo una decina di giorni di cammino, i due evasi misero piede nel territorio vestino e subito si resero operativi. Infatti, il loro arrivo venne annunciato al Pretore di Catignano che raccolse la seguente denuncia:

“L’anno milleottocento settantatre il giorno 30 del mese di Ottobre in Catignano. Avanti a Noi Avvocato Ernesto Cavalli Pretore del Mandamento di Catignano assistito dal Cancelliere Achille Aquilio, è comparso un individuo che ha detto essere Errico Frattaroli figlio di Achille di anni 30, Guardiaboschi nato in Farindola e domiciliato in Celiera.
Domandato del motivo della sua comparsa ha risposto:
Ieri verso le ore venti ritornando a Celiera, giunto a Collefreddo tenimento di Civitaquana fui avvicinato da due individui di statura media, vestiti con giacca e pantaloni di tela bianca con un cappellaccio di paglia in testa, uno con un po’ di barba rossa, l’altro non l’avvertii bene, e con una mazza in mano. Mi si accostarono prendendomi in mezzo con aria buona, ed ingannevole discorrendomi del caldo della giornata. Ad un tratto uno di loro mi afferrò il fucile dietro le spalle, l’altro col bastone mi picchiò nella mano destra colla quale cercavo di difendermi, tanto che riuscirono a pigliarmi il fucile col quale minacciandomi, e dicendo che a loro era stato fatto lo stesso gioco mi spogliarono della giacca, e del sacco a pane; quindi mi lasciarono dirigendosi verso il Tarallo. Ignoro chi fossero quei due, e neppure dal linguaggio ho potuto capire a che paese appartengano. Poco dopo questo fatto incontrai un prete che seppi essere di Pescosansonesco, andava a cavallo ed aveva il vetturino. Veniva dalla strada del Tarallo. Gli narrai quello che mi era successo, ed egli si congratulò di essersela scampata bella.
Rivedendo i suddetti individui probabilmente li riconoscerei ma non posso assicurarlo.
Il fucile di cui sono stato disarmato era una cosiddetta carabina alla militare senza fascia, ma di sotto era munito di una ciappa che manteneva ferma la canna, e mi costava lire 17:00.
La giacca era di colore bronzino, usata, di lana e poteva valere lire 06:00.
Il sacco a pane era di tela a quadriglia, di cotone e mi costava lire 03:00.
Faccio istanza per la punizione dei colpevoli qualora venissero scoperti”.

Nello stesso giorno, Michele D’Amico del fu Pasquale di anni 53, medico di Catignano, certificò quanto segue:
“Avendo osservato Errico Frattaroli guardaboschi di Celiera, ho trovato che lo stesso à riportato una contusione con ecchimosi sul dorso della mano sinistra ed una piccola escoriazione sulla parte anteriore del ginocchio destro. Tali offese sono state prodotte da poche ore a questa parte e da corpo contundente, come bastone di legno o simili, e giudico che le lesioni portino impedimento al lavoro oltre i cinque giorni, ma meno di trenta”.

Sulla scorta dei primi elementi raccolti, il Pretore di Catignano inviò il seguente rapporto al collega del Mandamento di Penne.

“Ieri (29 corrente) verso le ore 20 italiane Errico Frattaroli Guardaboschi residente in Celiera, restituendosi da Catignano alla sua residenza, nella località detta Collefreddo venne aggredito da due individui a lui ignoti, i quali lo spogliarono del fucile, della giacca e del sacco a pane causandogli contemporaneamente una lesione alla mano destra con colpi di bastone che portavano, e quindi si diressero verso il Tarallo.
Dalle indagini svolte si ha fondato motivo di ritenere che quegli individui siano due pennesi fratelli cugini di una certa Arcangela D’Angelo maritata qui in Catignano col figlio del postino a nome Francesco Mucci. Ma che dei quali si ignora il cognome, ma pare che si chiami Emidio, condannato nove o dieci anni fa a 20 anni di lavori forzati per omicidio, e sono usciti recentemente dalle carceri di Gaeta per essere stati, a quanto si dice, graziati di undici anni. Sono di statura media, uno alquanto più alto dell’altro, ma con un po’ di barba rossastra, ambedue vestiti di giacca e pantaloni di tela bianca con cappello di paglia in testa.
Ciò posto prego la S.V. di far avviare sollecitamente le opportune indagini per assicurarsi che possano essere in effetti quei due individui, e autorizzare una perquisizione al loro domicilio, e se i sospetti sono per poco avvalorati da nuovi indizi, far provvedere al loro arresto, ed ordinarne la traduzione in questo carcere onde ci possa far procedere alla loro ricognizione tanto del grassato quanto dai testimoni che possano averli incontrati”.

Una volta raggiunta la Città di Penne, Cuculetto continuò a sostenere la tesi di essere tornato perchè era stato graziato. Ma la frottola durò poco perchè al Pretore arrivò un telegramma col quale il direttore del carcere di Gaeta lo rese edotto dell’avvenuta evasione.

Mentre Cuculetto e Ursi compivano altri reati in quel di Penne, il Pretore di Catignano proseguiva il suo lavoro raccogliendo le testimonianze utili per individuare gli autori dell’aggressione subita dal Frattaroli.

Interrogata come testimone il giorno 30 ottobre 1873, ecco cosa rispose Angelanicola D’Agresta:

“Sono Angelanicola D’Agresta figlia di Domenico di anni 34. Contadina di Catignano.
Indifferente colle parti. Domandata appositamente ha risposto.
Ieri mattina appena passato mezzogiorno incontrai, mentre andavo alla fonte nella strada di fronte a quella che cala a San Vittore, due giovanotti di statura media, di barba crescente tendente al rosso, vestiti di una giacchetta di tela di filo bianco, ed uguali pantaloni con un cappellaccio di paglia in testa. Mi domandarono se conoscevo la persona di Penne che era venuta a marito in Catignano per nome di Arcangela, io dissi di si, ed è quella che trovasi maritata col figlio del postino; m’incaricarono di dirle che erano usciti dal Carcere di Gaeta perché avevano avuto la grazia di undici anni, e che ci avevano fatto nove anni per un omicidio; che non si azzardavano di entrare in Catignano perché troppo mal vestiti; quindi mi lasciarono dirigendosi verso il fiume Nora, dicendomi di nuovo dì ad Angeluccia che lo saluta Emidiuccio.
Credo che quei due giovani portavano un piccolo bastone  per ciascuno, ma non ci badai bene”.

Nello stesso giorno il Pretore interrogò Giacinto Monaco il quale disse:
“Sono Giacinto Monaco figlio del fu Giovannantonio di anni 30. Contadino di Catignano. Indifferente colle parti.
Ieri ventinove di questo corrente mese, ritornando io dalla fiera di Atri, percorrendo la strada vecchia che conduce da Penne a Catignano, incontrai vicino ad una fontana, che credo essere in tenimento di Loreto Aprutino, due individui ambedue vestiti di tela bianca, giacca e pantaloni con un cappello di paglia in testa ciascuno. Uno di essi portava una mazza, l’altro un fucile, che non osservai bene, ed un sacco a pane a tracolla di tela rigata celeste, come quella dei militari. Non avendoli osservati bene non saprei dire quali connotati avessero, e se portavano qualche giacca di più. Quando m’incontrarono, quello che portava il fucile mi domandò se abitavano ancora in quei dintorni i così detti Baronetti, gli risposi che non ne sapevo niente, e seguitai la mia strada senza punto fermarmi dirigendomi a Catignano, mentre essi continuarono nella direzione verso Penne. Fatto qualche miglio di strada incontrai un carabiniere appuntato che si trovava di stazione in Catignano, il quale mi disse che era stato chiamato  a Penne. Giunto a Catignano seppi della grassazione commessa al guardaboschi di Celiera, ma non sono di altro informato. Neppure sarei in grado di riconoscere quei due se dovessi rivederli”.

Altro testimone, Don Ferdinando Fantani, una volta rintracciato, in data venti novembre 1873, interrogato così rispose:
“Sono Fantani Ferdinando figlio del fu Giuseppe di anni 46. Arciprete nato e domiciliato a Pescosansonesco. Indifferente colle parti.
Non ricordo precisamente se nel giorno ventotto o ventinove ottobre ultimo, io venivo da Penne unitamente al mio vetturino Barnabeo Giovanni pure di Pescosansonesco, percorrendo la strada interna. Per la strada mi si accompagnò un ragazzo di Catignano dell’età di circa dieci anni, di cui ignoro il nome, ma che so essere figlio di un soccio della padronale Flamminiis. Giunti tutti e tre nella contrada Collefreddo al versante di Penne, abbiamo l’incontro di due individui ambedue vestiti di una giacca di tela con un cappello di paglia in testa, di statura piuttosto alta. Uno di essi portava in ispalla un fucile ad una canna sola e che mi parve una carabina, e l’altro sotto il braccio portava una specie di fagotto, ed un grosso bastone in mano. Non ricordo precisamente come fossero calzati, e gli altri connotati. Appena ci videro, quello che portava il fucile lo prese in mano. A questo atto io mi allarmai temendo una aggressione, ma non mi fecero nulla, e mi passarono da vicino, salutandomi, uno di essi, quello cioè che non teneva il fucile. Giunto nel versante di Collefreddo che guarda Catignano vidi sulla strada una giacca di panno stracciata, ed un bastone. Più avanti poi incontrai un Carabiniere con due contadini. Arrivato infine alla Nora incontrai il Guardaboschi di Celiera spogliato che mi narrò la grassazione sofferta da lui pochi momenti prima per opera di due individui che dai connotati riconobbi essere gli stessi che io avevo incontrato. Se dovessi rivederli probabilmente li riconoscerei, molto più facilmente quello che portava il fucile”.

Il giorno 29 novembre 1873 venne chiamato a testimoniare anche il vetturino del prete, il quale dichiarò:
“Sono Bernabeo Giovanni figlio del fu Nunzio di anni 50. Vetturale nato e domiciliato in Pescosansonesco.
Indifferente colle parti.
In un giorno che non ricordo accompagnai l’Arciprete di Pescosansonesco che da Penne ritornava al paese. Percorrevamo la strada interna. Giunti a Collefreddo nel versante che guarda Penne incontrammo due individui vestiti con abiti di tela laceri, con un cappello di paglia in testa, uno di essi portava il fucile, e l’altro una mazza con un fagotto sotto al braccio. Erano due giovani di mezza età e mi pare che avessero qualche poco di barba. Quando furono vicini a noi quello che portava il fucile lo afferrò in mano, ma poi ci passarono vicini, quello che portava la mazza ci salutò. Appena oltrepassati quei due si associò a noi per venire a Catignano un ragazzo che non conosco, ma credo che sia figlio di un soccio di una signora di Catignano. Giunti all’altro versante di Collefreddo trovammo prima in terra una giacca usata. Poi incontrammo un Carabiniere con due contadini, e giunti infine al fiume Nora trovammo un individuo che disse essere Guardaboschi di Celiera, il quale narrò della grassazione poco prima sofferta per opera di due individui che dai connotati riconoscevamo quei due incontrati da noi sull’altro versante di Collefreddo. Se dovessi rivederli li riconoscerei pure se non stessero vestiti nel modo in cui li ho veduti”.

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