Cuculetto il brigante di Penne

L’OMICIDIO DI “TENENTE”

Emidio D’Angelo, detto Cuculetto, commise il suo primo omicidio il giorno 29 agosto 1864 alla giovane età di 21 anni.
Il fatto di sangue venne consumato in largo San Francesco a poca distanza dalla porta monumentale.
La vittima fu Francesco Di Giovanni detto Tenente, di anni 37, contadino residente nel rione San Nicola di Penne.
Il giorno del suo assassinio, Tenente, unitamente al figlio quattordicenne, percorreva la piana di San Francesco con un fascio d’erba sopra la testa; il foraggio era destinato alla vendita una volta arrivato in città.
Attorno alle ore diciotto, Cuculetto che si era appostato dietro la siepe dell’orto del Cavalier Antonini, al passaggio della vittima predestinata, la inseguì e con un pugnale, da dietro, gli vibrò un fendente al ventre, dandosi poi a precipitosa fuga. Al fatto assistettero parecchi testimoni. Il malcapitato non morì subito, ma alcune ore più tardi presso l’ospedale di Penne in quel tempo ubicato nel rione di San Panfilo, facendo egli stesso il nome del suo aggressore.
Le indagini, prontamente avviate dalle competenti autorità accertarono che la causa che aveva portato al compimento del delitto da parte di Cuculetto era da ricondursi a motivi di vendetta. Infatti, alcuni testimoni, durante il processo, raccontarono che i due fossero in astio perché avevano litigato un mese prima durante una “passatella” giocata dentro la cantina di Elisabetta Di Filippo detta "La Vozzese".

Sul posto in cui giaceva il ferito agonizzante, intervenne subito il responsabile della Pretura di Penne che mise a verbale quanto segue:
“L’anno 1800sessantaquattro, il giorno ventinove Agosto, in Penne.
Noi Alessandro Persio Supplente alla Giudicatura Mandamentale di Penne, pel Giudice impedito, assistito dal Cancelliere.
Quando appresi dalla voce pubblica che poco lungi dalla porta di S. Francesco, in questo abitato, giace un uomo gravemente ferito, ci siamo quivi recati, e lo abbiamo rinvenuto giacente su di un pagliariccio.
Alla analoga interrogazione ha detto chiamarsi Francesco Di Giovanni, detto Tenente, d’anni 36, contadino nato e domiciliato in Penne.
Domandato sul fatto, a stenti ha dichiarato che senza alcun motivo è stato ferito da Emidio D’Angelo detto Cuculo di Penne, nel mentre poco prima recava a vendere dell’erba in questa città.
Ad altra domanda non ha potuto rispondere avendo perduta la parola, e quindi abbiamo chiuso il presente atto firmato da Noi e dal Cancelliere”.

 

Il giorno successivo, il delegato di Pubblica Sicurezza della Sotto-Prefettura del Circondario di Penne, rimise al Giudice il seguente rapporto:
“Oggetto: Ferita grave con conseguita morte a danno di Francesco Di Giovanni detto Tenente d’anni 35 circa ad opera di Emidio D’Angelo di Tommaso detto Cuculo di anni 22. Tutti e due di Penne.
     Ieri verso le ore sei pomeridiane mentre il villico Francesco Di Giovanni detto Tenente, abitante in contorni di questo Paese, si recava in Penne in unione di un suo piccolo figlio portanti cadauno un fascio di erba per vendere, venne improvvisamente assalito, poco lungi dalla Porta S. Francesco, da tal Emidio D’Angelo di Tommaso detto Cucullo pure di Penne d’anni 22, quale ci menò un colpo di arma tagliente e perforante nel basso ventre, per cui dopo tre ore circa il Francesco cessava di vivere. L’uccisore asportando seco l’arma qualunque essa fosse, si dette a precipitosa fuga e per quante ricerche fossero fatte sull’istante e dalle Guardie di P.S. e dai Reali Carabinieri fu impossibile rinvenirlo stando anco in favore dell’omicida l’oscurità della notte. Tuttavia non si cessa di fare accurate indagini onde possibilmente venire all’arresto dell’Emidio.
Non si conosce il motivo che dette luogo all’Emidio d’Angelo di compiere tale delitto”.

Il giorno 31 agosto 1864, il Giudice Gennaro Muzii, dovendo procedere alla ricognizione cadaverica del Di Giovanni, incaricò all’uopo i medici di Penne Nemesio Falco e Nicola Di Tonno, i quali riferirono che “il cadavere presentava all’esterno una ferita esposta nella parte media inferiore dell’ipocondrio destro della lunghezza di un pollice e mezzo, larghezza di cinque linee penetranti in cavità con fuoriuscita d’intestino tenue della lunghezza di due pollici e di colore livido. Nella cavità addominale vi era grande raccolta di sangue corrotto e pochi resti di sostanze alimentari digerite”.

 

Cuculetto venne arrestato trentacinque giorni dopo aver commesso l’omicidio, il 4 ottobre 1864, verso le ore 14, dai Reali Carabinieri, i quali stilarono per l’occasione il verbale di seguito riportato.

“Oggetto:Processo verbale d’arresto del nominato D’Angelo Emidio reo di omicidio volontario.
   Oggi quattro del mese di Ottobre milleottocentosessantaquattro dopo le ore due pomeridiane in Penne/Teramo.
Noi sottoscritti Priri Luigi, Brigadiere Comandante la Stazione, qui contro citato, unitamente ai carabinieri Barello Giuseppe, Bruno Filumeno, Miscia Luigi, appuntato i primi tre dell’arma a piedi e il quarto dell’arma a cavallo, che vestiti delle nostre uniformi ed in seguito a mandato di cattura rilasciato dal Signor Giudice di Penne in data del 12 Settembre 1864 contro il nominato D’Angelo Emidio di anni 21, contadino di Penne imputato di ferita volontaria e che ha prodotto dolo per sua natura la morte dell’offeso Francesco Di Giovanni anche di Penne, ci siamo per tale effetto recati in traccia del medesimo ed avendolo ritrovato in una cascina presso il camposanto di Penne, gli abbiamo dato subito conoscenza che avevamo l’ordine d’arrestarlo, e poscia assicuratoci della sua persona lo abbiamo tradotto in questa nostra caserma per essere quindi rimesso davanti l’autorità richiedente unitamente all’arma a lui assicurata nella perquisizione. In dosso gli abbiamo rinvenuto uno stile con fodero di latta della lunghezza di 173 millimetri, con manico di legno il quale venne sigillato con cera rossa”.

Il brigante D’Angelo fu sottoposto a un primo interrogatorio da parte del Giudice del Mandamento di Penne la stessa sera in cui venne arrestato. Dichiarò quanto di seguito riportato: “Sono Emidio D’Angelo soprannominato Cuculo, figlio di Tommaso, di anni 21, contadino nato e domiciliato a Penne, senza beni, celibe, non militare, sono stato altre volte processato.
Nel giorno dell’avvenimento fuori la porta di San Francesco di questo abitato, mi incontrai con Francesco Di Giovanni col quale ebbi precedentemente delle questioni per motivi di vino. Egli nel vedermi cominciò a dire - fessitello non ti sei fatto più rivedere - e quindi cavatosi dalla tasca un coltello fece atto di volermi assalire. Allora io con un piccolo coltello col manico bianco gli diedi un colpo e lo ferii alla pancia. Quando fui arrestato dai Reali Carabinieri questi non mi trovarono nessuno stile in dosso ma sebbene lo rinvennero per terra, e non saprei a chi vi appartenesse. Possono essere sentiti a mio discarico Bernardo Sardini, Giuseppangelo e Domenico Crocetta soprannominati Intornalopo; Nicola Crocetta, Mariarosa soprannominata La Cialone e Massimina Liberatore, tutti di Penne”.

Cuculetto, oltre a negare con forza le colpe più evidenti a suo carico, con l’aiuto dei familiari, fu anche molto abile a procurarsi false testimonianze in sua discolpa. Infatti, fece di tutto per far figurare che lui aveva commesso il delitto in seguito ad una provocazione del Di Giovanni.
Quindi, se da una parte i testimoni procurati da Cuculetto raccontarono che prima dell’accoltellamento sulla piana di San Francesco, Tenente avesse provocato la reazione violenta dello stesso, dall’altra diversi testimoni affermarono il contrario e cioè che Tenente non avesse proferito alcunché e che addirittura non avesse neppure visto il suo assassino in quanto lo stesso lo pugnalò provenendogli da dietro, una volta uscito dalla siepe dove era nascosto.
Determinante ai fini della ricostruzione dell’episodio delittuoso, risultò la deposizione fornita al Giudice da una testimone che sottoscrisse il seguente verbale:
 “Nell’anno milleottocentosessantaquattro, il giorno sei novembre, in Penne.
Innanzi a Noi Gennaro Muzii Giudice del Mandamento di Penne, assistito dal Cancelliere, è comparsa, precedentemente invitata, una donna che a richiesta a detto chiamarsi Santa Di Silvestro detta Cavaliera, fu Vincenzo, d’anni 31, nata e domiciliata a Penne, coniugata con prole, non possidente, e senza rapporti con le parti.
Dietro gli avvertimenti di rito, ed i ricordi sanciti dal Codice Penale, domandata analogamente ha dichiarato:
Nel giorno dell’avvenimento io stavo nella finestra della mia casa esistente nel piano di San Francesco, quando vidi venire verso la Città Francesco Di Giovanni con un fascio d’erba sulla testa e veniva preceduto dal figlio. In un bel mentre vidi uscire, dalla siepe dell’orto del Cavaliere Antonini, Emidio D’Angelo avventarsi in tutta fretta ed improvvisamente al Di Giovanni e colpirlo senza farglisi neppure innanzi, dalla parte di dietro nel fianco con un’arma che mi sembrò uno stile. Vibrato che ebbe il colpo, il figlio del Di Giovanni gridò, ed egli il D’Angelo precipitosamente si diede in fuga.
Vi ripeto che il colpo fu vibrato al Di Giovanni dal D’Angelo improvvisamente, e percui non ci fu diverbio fra loro per nulla.
Vi assicuro, perchè a me consta che Massimantonio Guaciara, Bernardo Sardini, e la famiglia di Crocetta alias Intornalupo sono in intima relazione ed amicizia con Emidio D’Angelo.
Se Emidio D’Angelo quando vibrò il colpo uscì, come ho detto, dalla siepe dell’orto del Cavaliere Antonini, non si poteva certo trovare nel muretto così detto di Scatozza ch’è un punto totalmente opposto.
Non mi sono accorta se nel momento della perpetrazione del reato i figli di Crocetta cioè Donato e Giuseppangelo stavano nel detto muro di Scatozza. Qual che certo si è che la famiglia D’Angelo, come ho inteso dire pubblicamente, va in cerca di testimoni per dimostrare che quando Emilio D’Angelo vibrò il colpo, ricevette prima uno schiaffo dal Di Giovanni”.

 

La vittima, Francesco Di Giovanni alias Tenente, figlio di Domenico e Cristina Marini, lasciò vedova la moglie Annantonia Stringaro e orfani i suoi tre piccoli figli: Stefano, Cristina e Domenico.
Il processo iniziò presso il Tribunale Circondariale di Teramo il 2 marzo 1865 (avvocato difensore di Cuculetto fu tale Raffaele Sagaria) e si concluse il giorno 22 dello stesso mese.
Con l’accusa di omicidio volontario Cuculetto fu condannato a 20 anni di lavori forzati. Prima della pronuncia della sentenza l’avvocato difensore si rimise alla giustizia della corte. Una volta incarcerato, si provvide alla sua schedatura.

 

 

I CONNOTATI PERSONALI DI EMIDIO D’ANGELO

Statura: metri 1,64
Capelli e ciglia: castani
Fronte: giusta
Occhi: castani
Naso: regolare
Bocca: media
Mento: tondo
Viso: ovale
Colorito: naturale
Segni particolari: un crocifisso marcato sul braccio destro e una madonna.

Veduta di Penne: litografia del 1859

PENNE: Veduta della piana di San Francesco. Litografia del 1840.

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